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Immagine del redattoreGabriele De Luca

Possono essere venduti gli immobili privati gravati da uso civico?

L’uso civico è un diritto di godimento collettivo esercitato dai membri della comunità su una proprietà pubblica o privata. Tale godimento, di derivazione medioevale, si esplica nella facoltà per i membri della comunità di esplicare attività prettamente silvo-pastorali come, ad esempio, pascolo, pesca, caccia, raccolta di legname.

 

Sovente viene domandato allo scrivente Studio legale se possa o meno essere venduto un bene gravato da uso civico.

 

In effetti, infatti, l’art. 3, comma 3, della Legge 168/2017 includeva la proprietà di privati (art. 3, comma 1, lettera d.) tra quelle il cui regime giuridico è quello DELL’INALIENABILITÀ. Ne derivava il divieto di poter vendere le terre private gravate da usi civici non ancora liquidati (in base al procedimento regolato dalla legge n. 1766 del 1927).

 

In merito alla legittimità di tale previsione si è espressa la Consulta, a seguito della questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Viterbo, in relazione proprio all’art. 3 comma 3 della Legge 168/2017. Secondo il Tribunale di Viterbo la norma si pone in contrasto con gli artt. 3, 24 e 42 della Costituzione.

Si è evidenziato che la norma, includendo tra i beni collettivi di cui all’art 3, co. 1, anche le “terre di proprietà di soggetti pubblici o privati, sulle quali i residenti del comune o della frazione esercitano usi civici non ancora liquidati”, ha fatto sì che tali categorie di beni rientrassero nel regime di “inalienabilità, indivisibilità, inusucapibilità e della perpetua destinazione agro-silvo-pastorale” che precedentemente era ritenuto applicabile alle sole terre pubbliche gravate da uso civico.


Ebbene, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma in quanto in contrasto con gli artt. 3 e 42, co. 2, Cost., ossia per violazione dei principi di ragionevolezza e di quelli regolatori della proprietà privata.

Con la sentenza n. 119/2023, infatti, è stata dichiarata l'incostituzionalità dell’art. 3, comma 3, della Legge 168/2017 di tal che i beni privati gravati da uso civico possono essere venduti.


In caso di alienazione, poi, deve essere garantita la conservazione della “destinazione” del bene per la natura giuridica degli usi civici, con permanenza anche del vincolo paesaggistico (art. 3, comma 6, della legge n. 168 del 2017). Ciò determina la conseguenza che il proprietario non può introdurre o essere autorizzato ad apportare delle modifiche che possano porsi in pregiudizio dei valori paesaggistici del cespite.


La Corte ha anche osservato che i diritti di uso civico, a favore della collettività, presentano tratti propri della realità. Tali tratti tipici rendono la tutela e l’esercizio dei diritti di uso civico indifferenti alla circolazione del diritto di proprietà, la quale recherà con sé alcune restrizioni nel godimento, le quale non possono, però, estendersi siano a privare il proprietario della facoltà di disporne.


Dunque, chiunque acquista un fondo non può compiere atti che possano ledere il godimento degli usi civici che gravano su di esso, fermo il diritto di disporne. Secondo l’impostazione della Corte, infatti, la proprietà privata può circolare unitamente agli usi civici e al vincolo paesaggistico, incorporando in tal modo la destinazione paesistico-ambientale, con la conseguenza che chiunque acquisti il fondo non può compiere alcun atto che possa compromettere il pieno godimento promiscuo degli usi civici.

La cessione del bene non reca ragionevolmente pregiudizio al diritto collettivo né ai valori paesaggistici che sottende e la norma appare sproporzionata e ingiustificata. L’inalienabilità della proprietà privata gravata da usi civici non ancora liquidati non presenta alcuna ragionevole connessione logica con la conservazione degli stessi e, per il loro tramite, con la tutela dell’interesse paesistico-ambientale. La scelta del legislatore del 2017 di dare continuità all’interesse paesistico-ambientale, mantenendo il vincolo paesaggistico, anche una volta che gli usi civici siano stati per ipotesi liquidati (art. 3, comma 6), è correlata alla mancata irreversibile trasformazione del territorio prima della eventuale liquidazione, ma non palesa alcuna connessione con le vicende circolatorie del diritto di proprietà, antecedenti al possibile ricorso a tale procedimento.


In conclusione, l’inalienabilità regola un profilo della proprietà privata gravata da usi civici non ancora liquidati che, sotto qualunque prospettiva lo si consideri, si dimostra totalmente estraneo e superfluo rispetto alla tutela degli interessi generali che ci si riproponeva di salvaguardare.

Ne discende una irragionevole conformazione e, di riflesso, una illegittima compressione della proprietà privata, tanto più ingiustificata, in quanto viene introdotta ex novo proprio dalla medesima legge.

 

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